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Ammalarsi di lavoro – com’è possibile nel 2025?


ammalarsi

Com’è possibile ammalarsi di lavoro nel 2025, con tutte le conoscenze in materia di salute del lavoro di cui disponiamo... La puntata di Falò di stasera lo ha mostrato chiaramente e nuovamente: proprio nei luoghi dove la salute dovrebbe essere l’obiettivo comune, emergono invece storie di fatica, stress cronico, sofferenza fino alla malattia e all'inevitabile abbandono. Il settore sanitario — quello che più di ogni altro dovrebbe incarnare la cura — è ormai allo stremo: carenza di personale qualificato, elevato turnover, difficoltà di conciliazione tra vita privata e professionale. Sembra che una pandemia di nemmeno tanti anni fa non sia bastata a insegnarci nulla, né a restituire centralità all’aspetto umano del lavoro.

Sono cresciuta in una famiglia di grandi lavoratori. Il motto di casa era: “Il lavoro nobilita.” E sì, lo credo ancora: il lavoro può nobilitare corpo e spirito, dare senso alle giornate e contribuire alla crescita personale e collettiva. Ma questo accade solo quando il lavoro non toglie salute.

Nel 2025 dovremmo poter svolgere un’attività che amiamo senza pagarne il prezzo in termini di equilibrio psicofisico. Eppure, qualcosa non funziona.


L’aspetto salutogenico e patogenico del lavoro:

Ogni sistema lavorativo possiede entrambe le dimensioni: salutogenica e patogenica.

  • La dimensione salutogenica è quella che genera salute: ambienti di fiducia, comunicazione trasparente, riconoscimento, equilibrio tra vita e lavoro, leadership empatica e cultura organizzativa che valorizza la persona. È il lavoro che dà energia, che fa sentire competenti e utili, che alimenta il senso di coerenza.

  • La dimensione patogenica, invece, si manifesta dove mancano chiarezza, equità e rispetto. Dove la pressione è costante, i ruoli sono confusi, la leadership è assente o autoritaria e il dialogo è sostituito dal silenzio o dalla paura. È il lavoro che logora, che toglie senso, che porta allo sfinimento emotivo e fisico. È qui che nascono l’assenteismo, il turnover e la perdita di fiducia nelle istituzioni e nelle direzioni.


Dalla prima linea alla prevenzione: uno sguardo personale

Negli ultimi vent’anni ho avuto la possibilità di vivere il tema della salute da diverse prospettive:

  • nei contesti di emergenza e urgenza, dove la resilienza è quotidiana e il corpo diventa il primo strumento di lavoro e dove la demarcazione tra stress e burnout è sottile;

  • nella formazione, accompagnando persone e team a coltivare la salute, l’equilibrio e il senso nel proprio agire professionale;

  • e oggi nella promozione e nella prevenzione della salute nelle organizzazioni, dove la sfida è culturale, sistemica e collettiva.


E posso dirlo con convinzione: non si fa ancora abbastanza. Non basta “parlare di salute” nelle aziende o negli enti sanitari: bisogna costruire salute, ogni giorno, attraverso politiche coerenti, leadership consapevoli e decisioni che pongano l’essere umano al centro.


Serve un approccio sistemico

La Gestione della Salute in Azienda (GSA) non può essere un progetto temporaneo o un insieme di attività frammentate. Deve essere un processo sistemico, dove direzione, risorse umane, dirigenti, collaboratori e partner esterni lavorano insieme per creare ambienti che favoriscano la salute — non solo l’efficienza.

Per una volta, l’aspetto economico deve passare in secondo piano. Anche perché i costi della malattia, della disaffezione e del turnover — umani prima ancora che finanziari — sono ben più alti. E mentre affrontiamo l’ennesimo rincaro dei premi di cassa malati, dovremmo chiederci: quanto potremmo risparmiare se le persone non si ammalassero di lavoro, ma crescessero grazie ad esso?


Spero che l'esempio portato da John Gaffuri, possa essere d'esempio per altre realtà professionali.


Conclusione

In una società sempre più tecnologica e governata dall’intelligenza artificiale, l’aspetto umano deve essere coltivato con ancora più cura. Non possiamo permettere che il lavoro, da luogo di dignità e sviluppo, diventi terreno di malattia e disconnessione.

Sarò ripetitiva e avrò tediato diverse persone ma una cosa son certa, il futuro del lavoro — e della salute — dipende da una scelta collettiva: riconoscere che la produttività più alta è quella che nasce dal benessere.

 
 
 

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